Siamo in questo mondo per portare pace e felicità a tutti gli esseri viventi. Per raggiungere questo obiettivo dobbiamo adottare stili di vita pacifici e non dannosi e una non interferenza nella felicità degli altri. Swami Nirmalananda
Quando ci si avvicina alla pratica dello yoga, inevitabilmente emerge il tema del vegetarianismo. Prima o poi la questione viene a galla, perché yoga e rispetto di ogni tipo di essere vivente sono strettamente legati e interconnessi. Pare difficile, infatti, prescindere dalla riflessione sul controllo del proprio corpo, della propria respirazione e del proprio battito se non ci si vede e ci si immagina immersi e facenti parte di un mondo naturale più esteso. Parte di un ciclo, che si apre e si chiude, liberi ma rispettosi. Forse la riflessione non è immediata e arriva dopo qualche tempo e in seguito a una vera, intensa e cosciente dedizione alla pratica dello yoga, ma arriva. La simbiosi fra yoga e vegetarianismo è chiara laddove si pensi al fatto che la base dello yoga è la gentilezza, il rispetto della vita di ogni essere vivente, che deve essere libera e felice, e la considerazione che le azioni della propria esistenza devono contribuire in qualche modo alla felicità e alla libertà di tutti. Perché ciascuno di noi ha un ruolo da spendere e una responsabilità, ciascuno può fare qualcosa. Mai pensare che da soli non possiamo cambiare nulla. Mangiare carne o pesce significa privare della vita un altro essere vivente che spesso viene cresciuto e allevato proprio per soddisfare l’appetito umano, che si trova in batteria proprio per questo, alimentato con cibi di origine animale, quando per natura spesso è erbivoro. A nulla varrebbe la considerazione che gli animali si cacciano loro stessi per natura, perché non mangiamo tigri o leoni. Il latte, poi, anche quello viene sottratto al piccolo cui sarebbe dedicato, al quale la natura ha pensato, perché disponibile alle e dalle madri che hanno appena partorito, per i loro cuccioli, non certo per noi. Non è semplice sposare queste teorie né vogliamo farcene paladini (anche se, ammettiamo, ci ispirano una certa simpatia), anche perché ognuno è abbastanza grande da comprendere ragioni e magari limiti di pensieri come questi. Certo è che le riflessioni di molti libri, fra i quali uno particolarmente interessante di Sharon Gannon, fondatrice del metodo Jivamukti Yoga (Yoga and Vegetarianism, Mandala Publishing, 2008, 144 p.), non vanno sottovalutate, soprattutto quando, dati alla mano, evidenziano anche il legame fra consumo di carne e riscaldamento globale (secondo le Nazioni Unite l’allevamento di carne a uso alimentare comporta un aumento delle emissioni di gas a effetto serra maggiore di quello provocato dai trasporti), inquinamento idrico (la maggior parte dei rifiuti degli allevamenti, che contengono pesticidi, erbicidi, antibiotici e ormoni, finiscono in fiumi e oceani), uso dell’acqua (oltre la metà dell’acqua consumata negli Stati Uniti, ad esempio, è usata per l’allevamento di animali), terra e suolo (sempre negli Stati uniti, oltre l’80% dei terreni è utilizzato per allevare animali e grano/alimenti ad essi dedicati), deforestazione (aumenta per fare spazio ai terreni necessari per il punto precedente), grano (sempre sul suo, americano, l’80% del grano coltivato e il 95% di altri cereali, sono destinati ad alimentazione animale), petrolio (anche qui la percentuale di combustibile fossile destinato all’allevamento è altra, oltre un terzo di tutti i combustibili fossili usati in America), mari e oceani (si stanno svuotando di vita, spesso anche a causa di una pesca selvaggia, indiscriminata e non controllata). Senza dimenticare i benefici per la salute, in un’alimentazione povera di colesterolo, ormoni e grassi. A mio avviso, tali riflessioni sono importanti, non vanno sottovalutate e, indipendentemente da un’applicazione più o meno rigorosa, credo che vadano conosciute. Sharon, nel libro citato, ricorda, poi, che gli uomini non sono biologicamente “disegnati” come mangiatori di carne: anatomia e fisiologia suggeriscono il contrario, basti pensare che abbiamo bocche e denti piccoli. La vita, poi, è sacra, insegna lo yoga, siamo esseri spirituali grazie al nostro respiro. Ecco perché nello yoga la respirazione è tanto importante e va conosciuta, seguita e curata. Il respiro è connesso all’aria che tutti respiriamo. Se respirare significa vivere, allora non bisogna interrompere “l’alito di nessuno”, nemmeno quello degli animali. Respirare, quindi, ma connessi al tutto. Sempre. Se lo yoga non pare, quindi, rappresentare solo un modo di essere, esso si riferisce piuttosto a un modo di vivere in armonia con il tutto dell’esistenza. Senza carne o pesce o solo con i frutti della terra, vale la pena mettersi in comunicazione con la vera essenza del mondo. Il suo respiro. Perché come trattiamo gli altri determina la nostra stessa realtà.
Riproduzione integrale del testo pubblicato su FerraraItalia
Immagine in evidenza www.yogajournal.it