L’impegno del Papa per un pianeta più verde e l’opposizione di un gruppo di cardinali climanegazionisti. Retroscena della battaglia sugli investimenti in combustibili fossili che si gioca dentro la Santa Sede e le sue diocesi.
Il 18 giugno 2015 Papa Francesco, nella sua storica Enciclica sull’ambiente, Laudato sì, sconvolse il mondo pubblicando per la prima volta un documento programmatico ecologista, ecumenico, moderno. Un testo amplio e profondo, dove si esalta il rispetto della casa comune, la tutela degli animali e le piante, l’urgenza di una società fondata su uno sviluppo sostenibile, la lotta epocale al cambiamento climatico. «Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo?», recita la domanda al cuore del documento.
Belle parole. Ma a un anno di distanza la Santa Sede ha mostrato poca predisposizione all’azione. Su tutti pesa il mancato reindirizzo dello IOR, l’Istituto delle Opere Religiose, il braccio finanziario del Vaticano, verso un’economia low-carbon e circolare. Ad oggi non è stato annunciato né un piano di decarbonizzazione dei propri investimenti, né una strategia di finanziamento per la riqualificazione in chiave di sostenibilità degli immobili curiali.
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