Ieri, a sorpresa, il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, ha deciso di rinviare il voto della plenaria, inizialmente previsto per oggi, sul controverso negoziato in corso con gli Stati Uniti per il trattato sul commercio e gli investimenti (Ttip); inoltre i coordinatori dei gruppi politici si sono messi d’accordo su una sorta di «bocciatura pregiudiziale» della modifica proposta dalla Commissione europea all’attuale regime Ue di autorizzazione dei prodotti geneticamente modificati (Ogm).
Il rinvio del voto sul Ttip è dovuto al riconoscimento, da parte di Schulz, dell’impossibilità di far esprimere il Parlamento con una forte maggioranza a sostegno della Commissione europea, a causa delle divisioni fra Ppe, da una parte, e S&D (Socialisti e Democratici) dall’altra.
La mobilitazione di questi giorni di cittadini e reti di movimento, grazie ai due milioni di firme raccolte e alla pressione diretta della società civile sui Parlamentari Europei, ha certamente giocato un ruolo fondamentale nel rafforzare queste spaccature. Dunque, le criticità sollevate durante questo periodo dalla Campagna Stop TTIP non erano vaneggiamenti privi di basi, bensì riguardavano pericoli concreti di mutamenti irreversibili dell’ordinamento democratico europeo e nazionale. La richiesta resta perciò immutata: nessun accordo è meglio di un pessimo accordo.