Per quanto ci si possa illudere del contrario, non esistono diete o stili di vita a impatto zero. Il solo fatto che ci si alimenti di qualcosa ha infatti un impatto sull’ambiente. A volte ridotto, a volte elevato, altre nascosto.
Ogni nostra azione porta a delle conseguenze sull’ambiente, ma cercare di avvicinarsi il più possibile alla sostenibilità non è solamente una questione ambientale.

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Se si parla di cibo, in effetti, secondo la FAO i modelli alimentari sostenibili non sono solo quelli che hanno una ridotta impronta ecologica, ma anche quelli che contribuiscono al perseguimento della sicurezza alimentare e di uno stile di vita sano. Ma quali sono le diete più sostenibili per l’ambiente e per la salute?

Per essere più eco-compatibile, un modello alimentare deve innanzitutto garantire una maggiore efficienza nell’uso delle risorse e ridurre le proprie impronte idrica (Water Footprint), di carbonio (Carbon Footprint) ed ecologica (Ecological Footprint), oltre che la quantità di azoto rilasciato in ambiente. Altri punti forti delle diete più sostenibili? La biodiversità alimentare e la promozione di cibi tradizionali e locali.

Prendiamo due esempi: la dieta iperproteica e quella mediterranea. Confrontandone la Carbon Footprint (kg di anidride carbonica emessi per kg di prodotto), la Water Footprint (litri di acqua consumati per kg di prodotto) e l’Ecological Footprint (metri quadrati occupati per kg di prodotto), la dieta mediterranea ha un impatto decisamente inferiore, e lo stesso vale per i costi da sostenere per seguirla.
Ci sono poi le diete vegetariane e vegane, generalmente (ed erroneamente) considerate quelle con il minor impatto sull’ambiente. Secondo alcuni studi, queste non sono “green” come si dà ormai per scontato. Uno su tutti, quello Carnegie Mellon University, per cui le diete che comprendono più frutta e ortaggi e meno carne hanno addirittura un impatto ambientale maggiore. O il rapporto pubblicato nel 2013 da un gruppo di ricercatori francesi, in cui è stato dimostrato che le diete “basate su grandi quantità di cibi derivati da piante” portano a emissioni più alte di gas serra.

Tra le cause di questo apparente paradosso, uno sfruttamento meno efficiente dei terreni, un uso più elevato della chimica in agricoltura e gli enormi sprechi del settore ortofrutticolo, molto più elevati che nel settore zootecnico e legati al rapido deterioramento di frutta e ortaggi.

Lo studio che però ha messo più diete a confronto è probabilmente quello pubblicato nel luglio 2016 dalla University of California Press, in cui se ne sono paragonate fra loro ben 10. E anche in questo caso, considerando anche lo sfruttamento del suolo per contribuire all’alimentazione di una popolazione globale in costante espansione, la dieta vegana non sembra l’opzione migliore. Per un semplice motivo: la sua efficienza di utilizzo dei terreni agricoli non è ottimale.

Non tutti i terreni agricoli sono adatti a qualsiasi scopo: su certe aree di pascolo, ottime per allevare il bestiame, la coltivazione non sarebbe praticabile, rendendo quei terreni sprecati in un mondo in cui non ci si dovesse cibare di carne, salumi, uova e latticini. In altre parole, continuare a mangiare un po’ di carne permetterebbe di nutrire più persone, cosa che diventa più difficile se tutti quanti fossero vegani.


Food safety
Un dettaglio che fa riflettere, soprattutto su quanto forti siano ormai alcuni luoghi comuni quando si parla della relazione tra cibo e ambiente. E che ci riporta al tema della sicurezza alimentare, intesa in questo caso non come “food security”, ma come “food safety”: aspetto fondamentale nella sostenibilità di un modello alimentare.
I dati sui reali effetti ambientali degli alimenti sono molto complicati da misurare, cambiano molto a seconda dei luoghi e presentano diversi punti critici. Un passo in avanti è stato fatto di recente con l’impronta ecologica, o Carbon Footprint, non più valutata in termini assoluti, ma sulla base delle quantità di un alimento realmente consumate all’interno di una dieta equilibrata.

Se si segue una dieta bilanciata come quella mediterranea, la Carbon Footprint di alimenti ricchi in proteine come carne, pesce, uova, legumi, salumi è allo stesso livello di quella generata dagli alimenti di origine vegetale. La validità scientifica di questi concetti ed il modello della Clessidra Ambientale, riconosciuta dalla rivista scientifica “Science of the Total Environment”, dimostrano graficamente proprio questo: in un regime alimentare equilibrato le diverse categorie di alimenti contribuiscono in modo quasi equivalente agli impatti ambientali.
Insomma, le evidenze scientifiche confermano che non serve bandire dalla propria tavola determinati alimenti per seguire una dieta più sostenibile. Al contrario, mangiare un po’ di tutto nelle giuste quantità può avere un impatto positivo sull’ambiente, sulla salute e sul portafogli.