Siccità: gli allevamenti non sono il problema

Gli allevamenti sono sempre nel mirino quando si parla di cambiamenti climatici e consumo delle risorse. Lo vediamo bene in questo periodo di grandi caldo e siccità, che stanno mettendo in ginocchio soprattutto il nord del nostro Paese.
In particolare, con la crisi idrica attuale è tornato di moda il vecchio dato (errato) dei 15.000 litri d’acqua per produrre un kg di carne bovina: un evergreen che fa sempre notizia, ma che, come già spiegato su BioEcoGeo, non ha niente a che fare con una corretta informazione ambientale.

Il Professor Giuseppe Pulina, docente di Zootecnica Speciale presso l’Università di Sassari e presidente dell’Associazione Carni Sostenibili, ha fatto chiarezza davanti alle telecamere di Rai News 24, spiegando qual è il vero impatto degli allevamenti sulle riserve idriche e quali soluzioni possono essere adottate per ridurre ulteriormente i consumi idrici in agricoltura.

«Il dato che gira sui media dei 15.000 litri di acqua per produrre un kg di carne bovina è stato elaborato alla fine del secolo scorso e tutta la letteratura scientifica mondiale è concorde nel ritenerlo sbagliato» spiega Pulina.
«Infatti, non è stato considerato che il 94% di quest’acqua è piovana, cade sui pascoli, gli animali la utilizzano ed evotraspira nell’atmosfera, ritornando nel ciclo naturale dell’acqua. Quindi l’acqua realmente consumata, che viene cioè attinta dai corpi idrici sia superficiali che sotterranei, è solo il 3%. Questo viene certificato dagli standard internazionali ISO. Per cui 1 kg di carne bovina consuma 1.000 litri di acqua. Questo dato ci permette di confrontare quanta acqua di irrigazione serve anche per altri alimenti. Ad esempio, per le mandorle servono 6.000 litri per ogni kg e così per tutta la frutta secca. Per cui non è vero che la carne sia il maggior impattante sullo stress idrico del pianeta».

Il Professor Pulina chiarisce anche che gli allevamenti confinati, che non è corretto chiamare “allevamenti intensivi, rispetto a quelli allo stato brado hanno un maggior consumo di acqua di abbeveraggio e per l’irrigazione dei campi di mais o erbai per alimentare gli animali, ma nelle peggiori condizioni di stress idrico, cioè di utilizzazione di acqua in territori aridi come in Israele o in mezzo al deserto, hanno consumi idrici comunque non superiori ai 3.500 litri di acqua per kg di carne.

Risparmio idrico ed efficienza per un clima che cambia 

L’ondata di caldo eccezionale che sta colpendo gran parte dell’emisfero settentrionale con temperature anche di 10 gradi in più della massima stagionale è molto preoccupante, in quanto ha fatto registrare perfino 30 gradi in Lapponia, con il record assoluto di 32,5 gradi nel circolo polare artico e in territorio norvegese. In Giappone, dove dovrebbe essere la stagione delle piogge, la temperatura è invece sopra i 40 gradi.

«Quello a cui stiamo assistendo oggi è l’esito dei cambiamenti climatici, che la scienza ha ormai stabilizzato nel trend da oltre 40 anni» continua Pulina.
«Queste sono le prime avvisaglie di quello che sarà un domani, ecco perché serve una maggior attenzione al consumo di acqua e al risparmio idrico applicando le buone pratiche».
A soffrire sono specialmente le risaie delle regioni del nord Italia, con i canali di irrigazione quasi completamente prosciugati, che potrebbero determinare la perdita del 100% del raccolto. Tropicalizzazione del clima non vuol dire solo siccità, ma anche violenti nubifragi, con eventi estremi che hanno conseguenze disastrose per le colture. Le tempeste tropicali con piogge violente e forti raffiche di vento che raggiungono anche i 100 km orari distruggono completamente le colture. Come quelle di granturco, totalmente falciate al suolo, con danni ingenti al comparto agricolo, già colpito duramente dall’aumento dei costi di produzione.

«Diventa necessario implementare una rete di invasi per raccogliere l’acqua piovana per irrigare» sottolinea il Prof. Pulina.
«Come in Sardegna, dove vivo, in cui c’è una rete di invasi molto fitta, ben collegati tra di loro per raccogliere l’acqua piovana, con una rete di compensazione nel caso qualche bacino sia sotto misura. Così non c’è difficoltà nell’approvvigionamento idrico per le varie attività civili, industriali e agricole. In Israele, che è uno dei paesi più aridi del mondo, si sta desalinizzando per risolvere la situazione. Questa è una tecnologia matura da tanti anni, ma costa parecchio in termini di energia. Per cui si dovrebbe applicare solo nelle aree in cui c’è veramente necessità di acqua e con rapporto costo beneficio davvero vantaggioso. Per l’agricoltura è meglio applicare altri sistemi come l’irrigazione di precisione, che consentono di ridurre i volumi attuali al 20%. Purtroppo non è diffusa nel nostro Paese, abituato ad avere abbondanza di acqua. Ecco perché occorre invasare l’acqua, lavorare sulla rete idrica che ha molte problematiche e infrastrutturare l’agricoltura» conclude Pulina.

«Il nostro Paese è resiliente e speriamo che approfitti di questa crisi con investimenti importanti per risparmiare l’acqua che arriva con le piogge, utilizzarla meglio, meno e con più efficienza».