Ormai sembra dato per scontato: eliminare la carne dalla propria dieta è l’unico modo per salvare il pianeta. Ma è davvero così? Anche gli aspetti nutrizionali e le carenze che (soprattutto in tenera età) si rischiano se si smette di mangiare carne, la risposta è no. Ciò che andrebbe rivisto per essere pienamente “sostenibili” è il proprio stili di vita nel suo complesso, di cui l’alimentazione rappresenta una sola variabile fra molte.
Per quanto sia rispettabile che alcune persone decidano di diventare vegetariane o vegane per motivi legati al desiderio di salvaguardare la natura, oltre che etici, eliminare carne e salumi dal proprio menu non modifica davvero il proprio impatto ambientale complessivo. Anzi, l’eliminazione degli alimenti di origine animale potrebbe essere causa di riduzione della presenza agricola con conseguente abbandono o cementificazione di interi territori.
C’è chi è convinto che non si possa essere dei veri amanti dell’ambiente se si continua a mangiare carne. Eppure, come il rapporto “La sostenibilità delle carni e dei salumi in Italia” ha dimostrato già lo scorso anno attraverso la Clessidra Ambientale, consumare carne in quantità moderate (quelle suggerite dalle linee guida nutrizionali della dieta mediterranea), non è fonte di impatti ambientali eccessivi.
Ma non è solo lo studio italiano sulla sostenibilità delle carni a sfatare questo mito. Lo può fare chiunque, semplicemente utilizzando il calcolatore ufficiale del Global Footprint Network. Se volete spendere qualche minuto con questo simpatico strumento, fate voi stessi una prova: ripetere due volte il test, lasciando invariati tutti i dati tranne quelli relativi al consumo di carne. Noterete un dettaglio interessante: togliere o mettere nel proprio menù la carne, l’alimento più accusato e controverso quando si parla di alimentazione e sostenibilità, lascerà quasi invariato il risultato finale.
Cosa significa, questo? Che quello che conta sono le nostre scelte quotidiane di vita: tutte, non solo una. Ciò che davvero modifica la nostra impronta ecologica non è solo una fetta di carne o prosciutto, ma con quali mezzi di trasporto ci muoviamo, come e con cosa ci vestiamo, come e quanto riscaldiamo o raffreddiamo le nostre abitazioni e luoghi di lavoro, come e dove trascorriamo il nostro tempo libero, cosa scegliamo di acquistare, da dove provengono e come sono prodotti gli oggetti e ovviamente gli alimenti che mettiamo nel carrello della spesa, siano essi “eco-friendly” o meno.
Facciamo un esempio pratico, che ci può portare ad importanti ricadute ambientali e che ci riguarda tutti, o quasi: l’uso dell’automobile. Bene, la differenza di impatto tra un’auto con grande potenza e una con potenza media può essere superiore alle 500 tonnellate di CO2 all’anno, un valore molto superiore al potenziale beneficio associato alle scelte alimentari. Sorpresi? In effetti non ci si fa caso, ma sarebbe troppo semplice lavarsi la coscienza e credere di “essere sostenibili” riconducendo tutto ad una sola scelta, ad un solo “colpevole”.
Non è eliminando un singolo alimento che si può salvare il pianeta. E’ con uno stile di vita più green a 360 gradi che si può avere una minore impronta ecologica. Ed è attraverso semplici azioni, come evitare di eccedere con il riscaldamento invernale o il condizionamento estivo, scegliere indumenti idonei alla stagione, o cambiare le proprie abitudini in termini di consumi, mobilità, tempo libero ecc. che potremo davvero iniziare a ridurre la nostra global footprint. Non improvvisando diete che, tra l’altro, nel lungo termine si possono rivelare anche molto dannose per la salute. La nostra, non quella del pianeta.