Il Vesuvio brucia dallo scorso lunedì. Incessantemente. E con lui brucia un Parco Nazionale di inestimabile importanza. Le stime dei carabinieri forestali fanno tremare le gambe: circa 50 ettari di terra bruciata, di bellissime pinete arse, finite. Ma è dire poco, se il fronte dell’incendio è di un chilometro e più, c’è da aspettarsi di peggio, quando i conti saranno fatti. E se il numero è giusto, è pari quasi quattro volte ai danni degli incendi del 2016.
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A bruciare non è solo natura, ma anche sostanze chimiche. Si sale al cono da diverse strade. Le famose “cupe” del vulcano, le vie d’acqua, chiuse dalla mano dell’uomo in mille modi impropri. Dall’abusivismo edilizio alla mancata manutenzione. Un Parco nazionale che a pochi passi dalla propria sede contempla discariche abusive di plastiche, materiale edile di scarto e tessile, centinaia di scarpe, lamiere. Che nessuno raccoglie.
Nel frattempo arrivano i militari dell’operazione Strade Sicure ad affrontare l’emergenza, dando man forte a Canadair ed elicotteri, oltre che vigili del fuoco e protezione civile. Il via libera all’utilizzo dei militari è arrivato ieri sera.
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