Mentre in Sardegna gli incendi stanno devastando la regione, La prof. Raffaella Lovreglio, docente di Silvicoltura presso l’Università di Sassari e una delle massime esperte internazionali su questo argomento, ci spiega come le specie pascolanti (bovini, ovini e caprini) possono essere utilmente impiegate nella prevenzione degli incendi.
di Raffaella Lovreglio, docente di Silvicoltura presso l’Università di Sassari
In Sardegna come in tutti gli ambienti mediterranei, con estati particolarmente secche, il problema degli incendi boschivi sta diventando centrale nelle politiche di contenimento delle emissioni di gas serra e di difesa degli ecosistemi.
Il pascolamento con specie domestiche è stato finalmente riconosciuto come tecnica per prevenire il propagarsi degli incendi o evitare che una volta innescati diventino disastrosi. Tutte le specie pascolanti, bovini, ovini e caprini possono essere utilmente impiegate, ma è bizzarro che proprio la capra, considerata per oltre un secolo e mezzo nemica del bosco, possa essere impiegata per difenderlo dagli incendi.
Dal 20° rapporto annuale del Sistema Europeo di Informazione sugli Incendi Boschivi (EFFIS) risulta che nel 2019 in Italia sia il numero di incendi che gli ettari percorsi sono stati maggiori rispetto a quelli dell’anno precedente (2019 rispetto al 2018) e che nelle regioni maggiormente colpite si è anticipata la campagna antincendio estiva che fino agli anni precedenti si ripeteva in modo abbastanza regolare, secondo date canoniche di inizio e fine.
Un aspetto evidenziato nel report è che le aree agricole marginali o abbandonate sono in aumento; in esse l’accumulo di biomassa determina condizioni più adatte al passaggio del fuoco. Per queste ragioni queste aree possono diventare un veicolo di diffusione più veloce del fuoco, ancor più in uno scenario di cambiamenti climatici e di graduale rialzo termico con riduzione della piovosità; ne sono riprova i casi estremi di Sicilia e Sardegna, dove nel 2019 per 100 giorni consecutivi non si sono registrate precipitazioni.
La nuova Strategia Forestale Nazionale (SFN) punta non soltanto a migliorare l’adattamento delle foreste ai cambiamenti climatici, ma anche a favorire interventi di gestione forestale su larga scala per la prevenzione dagli incendi boschivi e dagli eventi naturali estremi. In particolare, la SFN mira ad aumentare la prevenzione attraverso misure di pianificazione integrata, attribuendo particolare significato alle pratiche agro-silvo-pastorali che consentano una gestione strategica di riduzione del carico del combustibile a supporto della difesa dagli incendi.
Tra gli interventi più sostenibili di selvicoltura preventiva, che mirano a ridurre il combustibile più pericoloso, vi è l’uso del pascolo che da tempo ha trovato ufficialmente dignità, come strumento di prevenzione antincendio, nell’art. 3 della L. 47/75 (oggi abrogata e sostituita dalla L. 353/2000) che testualmente riconosceva l’autorizzazione “…secondo le indicazioni dei piani, della immissione di bestiame bovino, ovino e suino nei boschi, al fine di utilizzarne le risorse foraggere e di conseguire la spontanea ripulitura dei boschi”.
L’esperienza del pascolo prescritto è relativamente recente e si riferisce alle prime esperienze francesi di manutenzione di fasce tagliafuoco nella zona del Gard (Lovreglio, 2014). Diversi studi hanno proposto l’utilizzazione di greggi di capre, utilizzati per trasformare in proteine nobili (carne, ma soprattutto latte) combustibili grossolani e non appetiti da altre specie (Lovreglio, 2014)[1].
Il pascolo può aumentare l’efficacia di taluni trattamenti, quali il decespugliamento, contribuendo a mantenere basso il volume dei cespugli. L’utilizzazione di greggi di capre spesso in affitto (Lovreglio, 2014), viene operata mediante recinti mobili elettrificati, alimentati con batterie solari, programmando opportunamente densità, ampiezza dei recinti, durata del pascolo in funzione delle specie vegetali da ridurre o contenere. Il pascolo prescritto, in particolare delle capre, che si alimentano preferenzialmente di parti legnose o alte delle piante, ha il potenziale per essere uno strumento di gestione ecologicamente ed economicamente sostenibile per la riduzione locale dei carichi di combustibili ed è certamente un metodo efficace a quasi zero emissioni e senza alcun impatto negativo di tipo visuale (al contrario del fuoco prescritto).
Nella graduale transizione verso una Green economy, in cui la produzione della ricchezza materiale non deve aumentare il rischio ambientale, pratiche come il pascolo prescritto possono ancor più valorizzare il settore zootecnico che ha un ruolo strategico nel cambiamento delle nuove politiche ambientali.
Note:
[1] Lovreglio R, Meddour-Sahar O, Leone V (2014). Goat grazing as a wildfire prevention tool: a basic review. iForest 7: 260-268. – doi: 10.3832/ifor1112-007