È presente praticamente ovunque, come ingrediente base dei prodotti imitativi non solo della carne ma anche di latte e formaggi e di tutti gli alimenti di origine animale in generale.
Bistecche di soia, hamburger vegetale, latte di soia, perfino uova finte e pesce per vegani sono costituiti tutti da una solita base comune: la proteina di soia isolata. Ma che differenza c’è con i comuni fagioli di soia che tutti noi conosciamo? Ed è veramente salutare nutrirsi di questi cibi artefatti?
Tutto è iniziato quando i tecnologi alimentari si sono resi conto che dalla soia si poteva estrarre un materiale plastico capace di essere trasformato in qualsiasi cosa: rivestimenti per auto, vernici, schiume antincendio, cosmetici, fino ad ottenere la stessa consistenza e masticabilità di un pezzo di carne. Ma quanti passaggi occorrono per poter tramutare dei semplici fagioli di soia in una bistecca di carne finta?
Processo produttivo
Come si può immaginare, il processo è molto laborioso e fa uso di solventi chimici e sostanze come la soda caustica e la calce: in un primo passaggio l’impasto di fagioli di soia viene mescolato in grossi serbatoi di alluminio in una soluzione a pH basico per estrarre le fibre, quindi i cagli vengono precipitati e separati attraverso un lavaggio acido ed infine neutralizzati in soluzione alcalina.
Segue dunque un trattamento di cottura-estrusione ad alta pressione e ad alta temperatura per estrarre le proteine isolate di soia. Tutto questo provoca una profonda denaturazione delle proteine, che devono essere srotolate, allineate e legate tra loro, così da ottenere all’interno dell’estrusore una massa viscosa, fibrosa ed elastica, che a questo stadio può assumere le sembianze di qualsiasi altro alimento sostitutivo di cibi animali, come ad esempio della carne, riuscendo a raggiungerne masticabilità ed elasticità analoghe dopo ulteriori passaggi e reidratazione.
L’aggiunta di additivi come aromi artificiali, dolcificanti, addensanti, emulsionanti, coloranti, sale e grassi fa il resto, completando l’opera, per dare il più possibile il sapore di carne o delle più svariate imitazioni di formaggi e farci dimenticare l’originale fagiolo. Nonostante tutti gli sforzi delle industrie produttrici, chi ha assaggiato questi artefatti iperprocessati si è reso conto che sono ben lontani dall’eguagliare i cibi genuini che hanno la pretesa di voler imitare e sostituire, sia nel gusto che nelle proprietà nutrizionali.
I trattamenti industriali estremi a cui la soia viene sottoposta, infatti, distruggono il suo valore nutritivo iniziale e le sue proprietà benefiche, ossidando i grassi rendendoli dannosi e facendo perdere proteine, vitamine e minerali. L’abuso di questi prodotti può infatti provocare carenze nutrizionali e seri problemi di salute. La soia è un alimento un po’ “complicato”, che va consumato in modo corretto e con gli abbinamenti giusti per poter beneficiare delle sue virtù.
Imparare da chi la usa da millenni
A questo proposito i popoli orientali hanno tanto da insegnarci, essendo la soia un alimento che fa parte della loro tradizione. È curioso sapere che gli orientali hanno cominciato a considerare la soia commestibile solamente dopo che hanno imparato a fermentarla: per esperienza si erano resi conto che la soia conteneva naturalmente delle sostanze tossiche, che non venivano distrutte dai normali processi di cottura, e che causavano fastidiosi gonfiori e gravi problemi digestivi. È solo dopo aver scoperto che le tecniche di fermentazione risolvevano quelle problematiche che la soia è stata trasformata in un cibo molto apprezzato, con la nascita dei prodotti tradizionali orientali che ormai tutti conosciamo come il miso, il tempeh e il nattō.
La fermentazione è l’unico metodo in grado non solo di disattivare le sostanze tossiche della soia e arricchirla di enzimi benefici aumentandone il valore nutritivo, ma anche di diminuire il potere fitormonale degli isoflavoni, i fitoestrogeni contenuti naturalmente nella soia, sostanze che, imitando gli estrogeni femminili, possono interferire e agire contro le funzionalità del sistema endocrino. Gli isoflavoni della soia sono considerati infatti degli “endocrino-disgregatori”, in grado di compromettere la funzionalità della tiroide, dell’apparato riproduttivo, causando problemi di fertilità, fino a promuovere anche alcuni tipi di cancro, come quello al seno, allo stomaco e al pancreas.
Le modalità di consumo moderne e occidentalizzate della soia sottoforma di prodotti industriali imitativi della carne e dei cibi animali non ha fatto altro che rendere ancora più buio e insidioso questo lato oscuro della soia, rendendola un alimento che può portare gravi danni alla salute, anche irreparabili, soprattutto se diete vegane scorrette e con larga presenza di questi “sostituti” vengono fatte seguire ai bambini.
Se proprio si vuol consumare questo alimento lontano dalla nostra tradizione mediterranea, meglio lasciar perdere polpette vegane, bistecche di finta carne e simili, e impariamo come fanno gli orientali da secoli: in piccole porzioni, come condimento, sottoposta a lunghe fermentazioni e sempre abbinata alla carne e al pesce, assolutamente non in loro sostituzione, alimenti sempre presenti nelle diete di tutti i popoli tra i più longevi e che contribuiscono ad una dieta davvero completa, sana e bilanciata. E anche il lato oscuro della soia sarà meno tenebroso.