Il 27 febbraio torna la Giornata Internazionale dedicata all’orso polare, specie iconica e simbolo degli impatti della crisi climatica sulla biodiversità.
Il ghiaccio marino artico, habitat dell’orso polare, si sta riducendo sia in estensione che in spessore a una velocità senza precedenti, diminuendo così anche l’effetto fondamentale dello “schermo bianco” in grado di riflettere energia termica nello spazio e regolare così il clima del nostro Pianeta. La fusione del permafrost terrestre e della banchisa polare causa da un lato una drammatica accelerazione dell’immissione di gas climalteranti in atmosfera, e dall’altro diminuisce anche l’effetto benefico che la distesa glaciale artica ha sul clima a livello globale. I più recenti rilevamenti confermano che l’aumento della temperatura in Artico è drammaticamente superiore alla media mondiale, con alcune regioni che presentano un aumento fino a 2.7°C ogni dieci anni, corrispondente addirittura a 5-7 volte il tasso di crescita globale della temperatura.

 

L’orso polare e i tentativi di adattamento per non morire

Con la riduzione dei ghiacci si riducono le tradizionali zone di caccia degli orsi polari, di conseguenza, questi perdono peso fino a rischiare di morire di fame e fino ad avere conseguenze drammatiche sulla loro fertilità. Questo accade nonostante gli orsi stiano provando a trovare nuovi adattamenti, come andare a caccia di uccelli (invece che cacciare foche, le loro prede abituali, sulla banchisa polare) oppure ridurre i consumi di energia, entrando in una sorta di “letargo” estivo e riducendo gli spostamenti.
Lo mostra anche il recente studio guidato da Anthony Pagano, del Servizio geologico degli Stati Uniti di Anchorage in Alaska, pubblicato sulla rivista Nature Communication, che per 3 anni ha monitorato le infruttuose strategie di sopravvivenza al caldo tentate da 20 orsi polari: 19 orsi su 20 hanno mostrato, infatti, drammatiche perdite di peso. La ricerca di cibo porta gli orsi anche ad avvicinarsi ai villaggi, creando così occasioni di conflitto con le comunità locali. L’integrità dell’habitat è ulteriormente minacciata dalle industrie di estrazione di gas e petrolio, sempre più interessate ai giacimenti artici, con il conseguente aumento del rischio di possibili incidenti. Infine, attraverso l’ingestione di prede contaminate dagli inquinanti sempre più diffusi nei mari, gli orsi polari rischiano di accumulare sostanze tossiche (processo noto come “biomagnificazione”), che possono causare danni fisiologici permanenti agli animali e avere drammatici effetti sulle loro capacità riproduttive.

orso polare

Sul Pianeta restano poco meno di 30.000 orsi polari divisi in 19 sottopopolazioni. Un esempio che testimonia il declino della specie è rappresentato dal caso della popolazione di orso polare della baia di Hudson in Canada che, dal 1987 al 2017 ha subito una riduzione del 30%. Purtroppo, le previsioni per il futuro prossimo sono drammatiche: gli scienziati stimano che, se lo scenario rimanesse invariato, la specie potrebbe vedere la propria popolazione totale ridotta di 1/3 nei prossimi 30 anni, e potrebbe addirittura estinguersi in natura entro la fine del secolo.

«L’orso polare, come tutti i grandi predatori, è un animale che sta al vertice delle catene alimentari; quindi, quando viene a mancare si rompono una serie di equilibri molto importanti perché la presenza di questi grandi predatori serve a mantenere in equilibrio e in salute anche le popolazioni di foca. E poi a seguire tutto quello che dipende dalla loro presenza e dal loro ruolo ecologico. Purtroppo, la loro scomparsa è un indicatore di qualcosa di catastrofico che sta succedendo. Il riscaldamento globale rischia di portare all’estinzione l’orso polare e poi tante altre specie, e poi chissà cosa succederà alla nostra», afferma Isabella Pratesi, direttrice del Programma di Conservazione del WWF Italia

orso polare

Il lavoro del WWF per proteggere il re dell’Artico

Da decenni il WWF agisce per contrastare le principali cause del cambiamento climatico, facendo pressione sull’adattamento delle politiche energetiche affinché si elimini l’utilizzo di fonti fossili e si investa sulle energie da fonti rinnovabili, azzerando le emissioni di CO2, abbassando drasticamente la nostra impronta ecologica sul Pianeta.
Tra i progetti più vasti portati avanti dal WWF per la conservazione dell’Artico c’è “Last Ice Area”, tra il Canada e la Groenlandia, che ha come obiettivo la tutela dell’area per garantire la sopravvivenza degli orsi polari e delle altre specie artiche.

Per la conservazione dell’orso polare, il WWF promuove l’istituzione e la gestione di aree protette ad hoc, come la Riserva dell’Isola di Vaigach, e promuove la ricerca scientifica in zone altamente significative per la specie come le Isole Svalbard.
Dal 2015 il WWF ha organizzato, inoltre, delle pattuglie per sorvegliare e tutelare la sicurezza degli abitanti del centro abitato più a nord della Groenlandia orientale dalle incursioni dell’orso. I risultati sono ottimi: dalla sua istituzione la pattuglia è stata in grado di allontanare già più di 75 orsi. Il WWF è impegnato anche per rendere i villaggi meno “attraenti” per gli orsi polari, lavorando sullo sviluppo di tecniche di prevenzione e di dissuasione. Non si fermano le attività di comunicazione ed educazione tra le popolazioni locali sui corretti comportamenti da tenere in caso di incontro con il plantigrado, poiché la coesistenza pacifica è una delle strategie principali per garantire un futuro all’orso polare.

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