Fondi ESG in crescita ma serve più credibilità

Secondo il nuovo report elaborato da EY e Oxford Analytica, che analizza il sistema attuale sulle informazioni relative ai fattori delle attività ambientali, sociali e di governance delle organizzazioni (ESG), questi ultimi stanno affrontando nuove sfide legate alla mancanza di standardizzazione, regolamentazione univoca e obiettivi comuni, aggravate dall’aumento dell’inflazione e dalle conseguenze economiche e sociali del conflitto in Ucraina.

Secondo il report, nonostante i dati mostrino che l’ESG è il segmento in più rapida crescita nel settore dell’asset management, con asset in fondi ESG in crescita del 53% su base annua a 2,7 trilioni di dollari nel 2021, fenomeni quali il greenwashing, insieme ad altri fattori, stanno impattando la credibilità degli ESG.
Ricostruire la fiducia nel sistema diventa dunque prioritario per modellare l’ecosistema degli ESG affinché vengano percepiti dagli stakeholder alla pari con l’ecosistema più consolidato dell’informativa finanziaria.

Le politiche e le normative di finanza sostenibile

Nell’ultimo decennio il numero di politiche e normative di finanza sostenibile obbligatorie e non vincolanti è aumentato in modo significativo e ad oggi, in tutto il mondo, ci sono circa 870 politiche e regolamenti, con 225 aggiunte o revisioni solo nel 2021. Inoltre, i diversi sistemi legali e i molteplici contesti sociali e politici influenzano i principi su cui si basano standard e regolamenti che disciplinano le informazioni sulla sostenibilità, senza contare che le amministrazioni dei diversi Paesi si stanno muovendo a velocità diverse nella regolamentazione delle informazioni sulla sostenibilità. Manca dunque un accordo su ciò che i fattori ESG dovrebbero includere, su come applicare le metriche concordate e su come utilizzare al meglio i dati disponibili.

«La straordinaria crescita dell’attenzione sui temi legati alla sostenibilità, compreso l’ESG, e il conseguente sviluppo di tali attività all’interno delle aziende, si trova oggi ad affrontare delle sfide complesse, quali una definizione condivisa di cosa significhi la sostenibilità e quali debbano essere i sistemi di rating e valutazione» commenta Riccardo Giovannini, Climate Change and Sustainability leader di EY in Italia.
«Negli ultimi anni questo sviluppo è stato indotto per una parte importante dagli investitori, il 70% dei quali conferma la volontà di voler investire in realtà attente al proprio impatto sociale e ambientale, e dall’input del legislatore europeo che sta progressivamente regolando la materia a beneficio, in primis, proprio degli investitori stessi. Tuttavia, la crescita di un tema così rilevante è ancora guidata prevalentemente da un solo stakeholder, ossia quello finanziario, che peraltro ha mostrato normalmente una scarsa attenzione alle tematiche ambientali e sociali. Questo comporta una sorta di squilibrio che si osserva nella prevalente attenzione alla gestione del rischio di “non sostenibilità” delle imprese, piuttosto che allo sviluppo delle stesse e di una contestuale riduzione significativa dei loro impatti ambientali. È fondamentale rifocalizzare l’attenzione sul concetto stesso di sostenibilità, in modo che sia condivisibile da tutti gli stakeholder così da misurare realmente l’impegno delle aziende sul tema. Questo consentirebbe di non incorrere nel rischio che la sostenibilità venga relegata solo a un tema di compliance normativa, a discapito di un reale e concreto contributo delle aziende allo sviluppo sostenibile della nostra società civile e dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite».

Le 5 aree per superare le sfide attuali 

A tal proposito, il report di EY e Oxford Analytica delinea 5 aree principali che devono essere affrontate per superare le sfide attuali legate ai criteri ESG:

1) Aumentare la trasparenza sugli indicatori compositi (rating) ESG

Con indicatori compositi, un’azienda riceve un punteggio su un’ampia gamma di emissioni ESG, con pesi diversi assegnati a ciascuna emissione per calcolare un rating ESG complessivo. Questi fattori spaziano dai cambiamenti climatici all’inquinamento e ai rifiuti, fino alla trasparenza fiscale. È dunque necessario aumentare la trasparenza e la comprensione dei rating ESG compositi, in quanto, per coloro che sono interessati alla gestione del rischio finanziario, la mancanza di trasparenza sulla ponderazione dei temi ESG riduce la chiarezza e l’utilità decisionale. Inoltre, nell’approccio composito, la mancanza di consenso sulle definizioni e sulle metodologie di calcolo può ostacolare un’analisi rigorosa delle prestazioni ambientali di un’organizzazione. Ma anche le questioni sociali come i diritti umani, gli standard del lavoro, l’equità di genere, possono essere più difficili da quantificare rispetto a un parametro di riferimento concordato, a causa delle differenze sociali e politiche tra le diverse giurisdizioni. Pertanto, gli investitori devono essere consapevoli di queste distinzioni, limiti di misurazione e variazioni.

2) Aumentare la comprensione dei diversi usi delle informazioni sulla sostenibilità

Le informazioni sulla sostenibilità possono servire a due scopi: valutare il rischio finanziario e valutare l’impatto sociale. Questi usi non si escludono a vicenda, ma vengono facilmente confusi. Ad oggi, l’ecosistema delle informazioni sulla sostenibilità si è evoluto per soddisfare le aspettative degli stakeholder che sono principalmente interessati alla valutazione del rischio finanziario. La maggior parte dei regimi di reporting ESG, così come tutti i principali fornitori di rating ESG, non misurano l’impatto di un’azienda sulla società, bensì la sua esposizione relativa a vari rischi finanziari interni ed esterni, nonché opportunità.
Tuttavia, la recente crescita degli investimenti ESG è stata trainata da giovani investitori millennial e della Gen Z, per i quali è imprescindibile dare la priorità a considerazioni sociali e morali. Per cui, sebbene vi siano sovrapposizioni tra le principali motivazioni ESG, è importante capire se l’attuale ecosistema di informazioni sulla sostenibilità serva sia per la valutazione dell’impatto finanziario che per quello sociale, al fine di soddisfare le esigenze di tutti gli interlocutori.

3) Certificare i dati in maniera indipendente, standardizzata e rigorosa, come avviene per l’informativa finanziaria

La certificazione dei dati contribuisce a creare fiducia nell’ecosistema delle informazioni sulla sostenibilità. Nei prossimi anni i mercati aumenteranno la domanda di certificazioni esterne solide e indipendenti relative alle informazioni sulla sostenibilità. Gli Stati Uniti e l’Unione Europea stanno già prendendo in considerazione requisiti di certificazione obbligatori per le regole di divulgazione della sostenibilità. Con l’aumento della domanda di certificazioni, sarà dunque fondamentale che gli attori nell’ecosistema dell’informazione sulla sostenibilità riconoscano e aderiscano al concetto di gestione del rischio noto come “the three lines of defence“. Queste indicazioni sono ampiamente riconosciute come fondamentali per creare fiducia e mantenere un rigoroso sistema di reporting che fornisca informazioni accurate e imparziali. In primo luogo, è prevista una regolamentazione societaria, che comprenda un solido sistema di controlli interni con ruoli di direzione, consiglio di amministrazione, comitato per il controllo interno. A seguire bisogna garantire una forma d’indipendenza esterna, così come una vigilanza regolamentare.

4) Sviluppare in maniera concordata tassonomie di finanza sostenibile comparabili e interoperabili

Per ottenere una reale trasparenza e comparabilità nelle informazioni sulla sostenibilità, le giurisdizioni necessitano di tassonomie fondate su principi complementari. Le tassonomie sono sistemi che determinano quali attività economiche dovrebbero essere considerate sostenibili e possono aiutare a chiarire le incertezze su ciò che è considerato sostenibile e ciò che non lo è, fornendo una motivazione chiara e basata sui dati del motivo per cui una particolare attività rientra (oppure no) nella definizione di tassonomia di sostenibilità. Alcune regioni e Paesi stanno già facendo notevoli progressi nello sviluppo delle tassonomie. Ad esempio, la tassonomia dell’UE ha lo scopo di aiutare i Paesi europei a incrementare gli investimenti sostenibili e ad attuare il Green Deal europeo (il piano della Commissione europea per rendere l’Europa neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050). L’UE sta inoltre collaborando con la Cina per definire una tassonomia che si basi su elementi comuni, tenendo al contempo in considerazione i diversi percorsi di transizione energetica, nonché le realtà politiche.

5) Diminuire le barriere all’ingresso per coloro che provengono dalle economie emergenti

Le economie emergenti produrranno la grande maggioranza delle emissioni mondiali di gas serra entro il 2050. Tuttavia, rispetto ad altri mercati che possono essere più resilienti e in grado di adattarsi all’impatto dei cambiamenti climatici in corso, queste economie sono potenzialmente più esposte a subirne le conseguenze. Per questo sarebbe importante coinvolgerle maggiormente nell’ecosistema dell’informazione sulla sostenibilità, senza però promuovere per loro degli standard diversi che potrebbero essere controproducenti, affinché si possano diminuire le loro barriere d’ingresso al mercato degli ESG. In quest’ottica, il lavoro di definizione degli standard internazionali svolto dall’International Sustainability Standards Board potrebbe aiutare i Paesi emergenti ad adottare i suoi standard nei propri quadri giuridici e coglierne tutte le opportunità connesse.