Più di venti mitilicoltori della città pugliese aderiscono al progetto che prevede l’allevamento della cozza nera tarantina secondo un disciplinare che non garantisce soltanto la tracciabilità e la qualità del prodotto, ma anche il rispetto dell’ecosistema marino in un’area da tempo al centro del dibattito ambientale
La cozza nera di Taranto è un nuovo Presidio Slow Food ed è anche molto di più: innanzitutto un riconoscimento che sfida i pregiudizi che da anni, per ragioni prima di tutto ambientali, affliggono la città pugliese, e poi anche un simbolo di rinascita di una comunità che ha nella mitilicoltura le origini della propria storia.
Merito di un mare Piccolo ma speciale
Dici Taranto e pensi ai guai ambientali, all’inquinamento atmosferico, alle sofferenze patite da chi abita una città che da sessant’anni vive con l’industria dietro casa: è un riflesso quasi incondizionato, frutto delle vicende di cronaca dell’ultimo decennio. Ma c’è altro, molto altro, nella storia di Taras – come gli spartani chiamarono il primo insediamento urbano sorto qui – e la mitilicoltura è uno degli aspetti più rilevanti. Se Taranto fa rima con l’allevamento di molluschi, il merito è di condizioni ambientali uniche: «Parliamo del Mar Piccolo, uno specchio d’acqua interno che è un ecosistema particolarissimo, caratterizzato dalla presenza di 34 sorgenti sotterranee di acqua dolce provenienti dalle Murge che vi confluiscono – spiega Luciano Carriero, referente dei produttori del Presidio –. È proprio al costante approvvigionamento di acqua dolce che si deve la straordinaria dolcezza delle cozze nere di Taranto: tali fonti, infatti, oltreché una perfetta termoregolazione assicurano il controllo della salinità dell’acqua».
Ma i benefici sono reciproci: se le cozze hanno trovato qui l’habitat ideale per svilupparsi, loro stesse fungono da “filtro” dell’acqua: «Se oggi scomparissero le cozze dal Mar Piccolo l’ecosistema cambierebbe radicalmente – spiega Marco Dadamo, direttore della riserva naturale regionale Palude Vela di Taranto e membro dell’Advisory Board di Slow Fish, che ha collaborato allo sviluppo del Presidio –. Sono un elemento importante, che contribuisce a mantenere alta la resilienza dell’ambiente garantendo servizi ecosistemici importanti quali il riciclo dei nutrienti in eccesso presenti nella colonna d’acqua».
Ecco perché, per Carriero, il riconoscimento come Presidio Slow Food è «l’occasione per il rilancio di un settore che ha vissuto un’epoca di crisi per ragioni ingiuste. Lavoriamo in acque controllatissime – prosegue – ma purtroppo di Taranto si parla soltanto per l’inquinamento ambientale. Questa immagine ci ha penalizzato, pur lavorando noi in un’oasi naturale straordinaria».