Con il grande caldo fuori stagione il Po è in secca con lo stesso livello idrometrico della scorsa estate per effetto della lunga assenza di precipitazioni con l’allarme siccità scattato al nord proprio all’inizio della primavera quando le coltivazioni hanno bisogno di acqua per crescere. Come lo scorso anno, Coldiretti lancia l’allarme sullo stato del più grande fiume italiano con l’aumento anomalo delle temperature che ha costretto gli agricoltori alle irrigazioni di soccorso in tutto il nord Italia.
Il Po in secca
“In Lombardia – spiega la Coldiretti regionale – in provincia di Mantova gli agricoltori stanno già irrigando meloni, peri e campi seminati, mentre nel Cremonese irrigazioni di soccorso sono partite su prati, frumento, cipolle e meloni”.
Al Ponte della Becca nel Pavese il livello idrometrico del fiume Po è di -2,66 metri, praticamente lo stesso registrato all’inizio di agosto nel 2020 – sottolinea la Coldiretti – con la portata del Grande Fiume scesa per la prima volta quest’anno sotto la soglia dei mille metri cubi al secondo, con un -24% rispetto alla media del periodo. La carenza idrica riguarda anche il lago di Como – precisa la Coldiretti – al quale mancano solo 20 centimetri prima di raggiungere il minimo storico di sempre con un riempimento di appena l’8,8% contro una media del 63,8%.
Creare sistemi poco impattanti per conservare l’acqua
L’aumento degli eventi climatici estremi – continua la Coldiretti – con sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal maltempo alla siccità ha modificato soprattutto la distribuzione sia stagionale che geografica delle precipitazioni. La mancanza di acqua rappresenta – rileva la Coldiretti – la condizione meteo più rilevante per l’agricoltura italiana con un danno stimato in media in un miliardo di euro all’anno soprattutto per le quantità e la qualità dei raccolti. Nonostante i cambiamenti climatici l’Italia – sottolinea la Coldiretti – resta un Paese piovoso con circa 300 miliardi di metri cubi d’acqua che cadono annualmente dei quali purtroppo appena l’11% viene trattenuto.
Per risparmiare l’acqua, aumentare la capacità di irrigazione e incrementare la disponibilità di cibo per le famiglie, Coldiretti ha elaborato a livello nazionale un progetto concreto, immediatamente cantierabile, che prevede la realizzazione di una rete di piccoli invasi con basso impatto paesaggistico e diffusi sul territorio, privilegiando il completamento e il recupero di strutture già presenti, progettualità già avviata e da avviarsi con procedure autorizzative non complesse, in modo da instradare velocemente il progetto complessivo e ottimizzare i risultati finali. L’idea – spiega la Coldiretti – è di “costruire”, senza uso di cemento per ridurre l’impatto ambientale, laghetti in equilibrio con i territori, che conservano l’acqua per distribuirla in modo razionale ai cittadini, all’industria e all’agricoltura, con una ricaduta importante sull’ambiente e sull’occupazione.
Coldiretti e il Recovery Plan
Il piano della Coldiretti sulle risorse idriche per il Recovery Plan punta alla transizione verde in modo da risparmiare il 30% di acqua per l’irrigazione, diminuire il rischio di alluvioni e frane, aumentare la sicurezza alimentare dell’Italia, garantire la disponibilità idrica in caso di incendi, migliorare il valore paesaggistico dei territori e garantire adeguati stoccaggi per le produzioni idroelettriche green in linea con gli obiettivi di riduzione delle emissioni dell’UE per il 2030. Un progetto ideato ed ingegnerizzato e poi condiviso – conclude la Coldiretti – con Anbi, Terna, Enel, Eni e Cassa Depositi e Prestiti con il coinvolgimento anche di Università.