La legge sulla gestione pubblica del servizio idrico è stata finalmente discussa e approvata in aula alla Camera, a distanza di circa 9 anni dal suo deposito. Il testo approvato però non è esattamente quello proposto dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua e dagli oltre 400.000 firmatari che l’avevano sostenuta. Forma e principi sono stati radicalmente modificati.
È stata approvata alla Camera con 243 voti favorevoli, 129 contrari e 2 astenuti la proposta di legge sulla tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque. Il provvedimento, che ora passa al Senato, introduce norme su gestione, pianificazione e finanziamento del servizio idrico integrato e istituisce un fondo nazionale di solidarietà internazionale (garantendo anche il diritto a un quantitativo minimo vitale di acqua procapite di massimo 50 litri giornalieri, anche in caso di morosità).
Il disegno di legge ha una lunga storia che si rifà a più di 400.000 firme che l’anno richiesta e alla volontà popolare espressa nel 2011 quando 27 milioni di italiani votarono in favore dell’acqua pubblica .
Ma il testo della proposta, modificato in commissione Ambiente, è stato profondamente modificato e ora stabilisce che il servizio idrico integrato viene considerato un servizio pubblico locale di interesse economico generale assicurato alla collettività, che può essere affidato anche in via diretta a società interamente pubbliche, in possesso dei requisiti prescritti dall’ordinamento europeo per la gestione ‘in house’, comunque partecipate da tutti gli enti locali ricadenti nell’Ato (ambito territoriale ottimale). Modalità di affidamento per la quale, a seguito di un emendamento approvato dall’aula, è caduta la formula ‘in via prioritaria’.
La caduta di questa formula ha sollevato le proteste del M5S e di Sinistra italiana che dai banchi hanno esposto bandiere e striscioni con la scritta: “Acqua pubblica”. «L’acqua secondo il Pd è chiaramente a gestione privata! Oggi il Pd ha calato la maschera» hanno dichiarato i pentastellati.
Di “tradimento” della volontà popolare parla anche il deputato di Possibile Pippo Civati: «La proposta di legge così com’è tradisce l’esito del referendum del 2011, il più partecipato degli ultimi 15 anni».
Il servizio idrico non è più qualificato come servizio pubblico locale privo di rilevanza economica, sottratto alla libera concorrenza e realizzato senza fini di lucro, ma come servizio pubblico locale di interesse economico. In particolare, poi, è soppresso l’articolo relativo alla ripubblicizzazione della gestione del servizio idrico integrato – particolarmente importante per rispondere al referendum del 2011 – che prevedeva l’assoggettamento al regime del demanio pubblico di acquedotti, fognature, impianti di depurazione e le altre infrastrutture. Inoltre si sancisce l’impossibilità di separare la gestione e l’erogazione del servizio e il loro necessario affidamento a enti di diritto pubblico (specificando la loro mancata soggezione al patto di stabilità interno relativo agli enti locali).
«Un disconoscimento palese e spudorato che ha ribaltato il senso di quella legge sottoscritta da 400mila cittadini e aggiornata alla luce dei risultati del referendum popolare del 2011» lamenta il Comitato Provinciale Acqua Bene Comune di ReggioEmilia. «Il risultato di oggi è solo la cronaca di una morte annunciata – conclude il Comitato che da anni si sta battendo nella propria provicnia così come a livello nazionale – già nei giorni scorsi infatti molti dei deputati dell’intergruppo parlamentare per l’Acqua Bene Comune avevano ritirato la firma da un provvedimento che stravolgeva il senso».