Abbiamo ricordato il discorso del 1968 di Robert Kennedy sul PIL, da lì si voleva partire per una riflessione che oggi ci vede coinvolti tutti: il PIL ci dice tutto salvo il motivo per cui essere orgogliosi di appartenere a una parte di mondo o di fare qualcosa che faccia bene a sé o agli altri. Ma per misurare il benessere di una società abbiamo ormai compreso che il PIL non basta, compreso da molti, certo, ma non metabolizzato da tanti.

1341480767699filSInevitabile, dicono alcuni, pensare che questa consapevolezza maturi nei paesi più ricchi, dove si ha tutto, in quelli più poveri si cerca ancora lo sviluppo e ci si domanda perché fermarsi proprio ora. Ma la riflessione deve essere comune, va fatta insieme; gli stili di vita vanno cambiati, quelli di un modello che non regge più.

Si guarda ad Oriente, allora. Forse perché questo lato del mondo è influenzato dalla cultura buddista, secondo la quale bisogna preoccuparsi principalmente dell’essere umano e del suo ambiente. Approdiamo quindi in Bhutan, un piccolo paese tra India e Cina, nel 1972, quando il quarto re del Bhutan, Jigme Singye Wangchuck, ancora adolescente, viene intervistato da un giornalista sui dati del prodotto PIL del suo Paese. Ad un certo punto, il giovane risponde che l’unica cosa che ritiene importante è la Felicità Interna Lorda (FIL).

[ytp_video source=”voGHG8p9NLI”]Il FIL entra quindi in modo ufficioso nello stile di vita bhutanese.

Dopo il 1972 i bhutanesi hanno dedicato per diversi decenni grande spazio alla felicità e al benessere della popolazione. Inizialmente si trattava di un obiettivo implicito e nessun indice era stato stabilito. Solo nel 2008, il quinto re Jigme Khesar Namgyel Wangchuck – attuale monarca e figlio del suo predecessore – ha deciso di inserire il FIL nella costituzione, facendone un obiettivo ufficiale. Si tratta della prima Costituzione democratica del Paese.

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Il governo del Bhutan ha deciso di organizzare la propria crescita intorno a 4 “pilastri”: lo sviluppo sociale equo e sostenibile, che deve assicurare assistenza sociale, salute, istruzione, giustizia, per mettere ogni cittadino nella condizione di perseguire la sua personale via alla felicità; la sostenibilità ambientale; la promozione della cultura e delle relazioni, che implica anche la conservazione della cultura tradizionale, la valorizzazione dei legami familiari e della rete di relazioni; il buon governo.

Per monitorare lo sviluppo del paese secondo i valori dettati da questi pilastri, il Centro Studi per il Bhutan ha individuato degli indicatori (i “nove domini o dimensioni”): benessere psicologico, utilizzo del tempo, vitalità della comunità, varietà culturale e resilienza, stato di salute, livello d’istruzione, varietà ambientale e resilienza, tenore di vita, buon Governo.

Il FIL viene calcolato periodicamente con censimenti nei venti distretti, i dzongkhag. L’ultima indagine risale al 2015, ha coinvolto un campione di 7.153 persone residenti nelle città e nelle aree rurali del Paese e ha stimato la felicità dei buthanesi a 0,756 con un miglioramento rispetto ai dati del 2010 (0,743). Il numero è calcolato su 33 indicatori che non hanno tutti lo stesso peso statistico: il tempo dedicato al sonno e al lavoro, ad esempio, contano 1/18 del punteggio totale ciascuno; il reddito pro-capite e la casa “valgono” 1/27; le emozioni positive e negative, 1/54. Il governo bhutanese utilizza i risultati per indirizzare le politiche nazionali, programmando i propri piani quinquennali successivi, che terminano con una nuova misurazione del FIL. Secondo il censimento del 2015, in Buthan più dell’80% degli intervistati è risultato “felice” o “molto felice”. Il governo è consapevole del fatto che l’applicazione di un approccio matematico-statistico per la ricerca della felicità abbia dei limiti. Non si tratta di tentativo di quantificare la felicità ma di far comprendere, in generale, che il benessere è più importante dei consumi. L’idea che l’avanzamento verso la felicità sia l’obiettivo principale di una società permea la politica bhutanese e questo cambia il punto di vista su tutte le scelte che il governo deve prendere e la consapevolezza degli individui. I valori morali, in questo contesto, hanno ancora il loro ruolo e peso.

better-life-index-oecdCosì anche l’OECD (che, già nel 2011, aveva introdotto l’OECD Better Life Index, che si basava su reddito e occupazione, sicurezza personale, istruzione e competenze, equilibrio lavoro-vita privata, relazioni sociali e ambiente), nel 2018, invita i governi a rivedere l’ottica su come valutare la salute economica e sociale di un Paese. Un nuovo report, a cura del Premio Nobel Joseph Stiglitz, indica che le nuove misure dovrebbero includere le dimensioni più importanti della vita delle persone, come le competenze, la salute, il lavoro e il reddito, oltre alla sicurezza economica, al degrado ambientale e alla fiducia. “Troppa enfasi è stata posta sul PIL come misura principale della salute delle economie e delle società”. Se non guardiamo alle cose che contano nella vita non possiamo fare le scelte giuste per le persone, le società e il pianeta”, ha affermato Stiglitz.

Anche il Dalai Lama è un convinto sostenitore del FIL. In merito, ha dichiarato che “come buddhista, sono convinto che il fine della nostra vita è quello di superare la sofferenza e di raggiungere la felicità. Per felicità però non intendo solamente il piacere effimero che deriva esclusivamente dai piaceri materiali. Penso a una felicità duratura che si raggiunge da una completa trasformazione della mente e che può essere ottenuta coltivando la compassione, la pazienza e la saggezza. Allo stesso tempo, a livello nazionale e mondiale abbiamo bisogno di un sistema economico che ci aiuti a perseguire la vera felicità. Il fine dello sviluppo economico dovrebbe essere quello di facilitare e di non ostacolare il raggiungimento della felicità”.

Vero che il concetto di felicità resta soggettivo, ma dirigersi ad essa è già un grande passo in avanti. Aldilà del mero consumo.