Ormai è chiaro, siamo nell’era in cui molti pensano che i Superfood salveranno il mondo: i “super-cibi”, quelli buoni per la natura e che fanno vivere di più. Se fanno vivere anche meglio, dipende. C’è chi giura che mettere in tavola cibi considerati più “etici” non riduca il nostro impatto ambientale, o che seguire diete più “salutistiche” faccia solo vivere da malati per poi morire da sani. Di sicuro ci sono cibi con proprietà eccezionali, che una volta scoperte dal marketing e dall’industria alimentare hanno visto crescite delle vendite esponenziali. Un esempio su tutti? La quinoa.
di Leonardo Bianchi
Le sue proprietà sono molto interessanti: amido e proteine insieme, meno carboidrati, più fibra, più minerali e più grassi dei cereali “veri” (la quinoa non è una graminacea, come pensano in molti, ma appartiene alla famiglia di spinaci e barbabietole), assenza di glutine, elevato contenuto proteico e quindi ottima alternativa alla carne per chi segue una dieta “veg”. Insomma, racchiude tutte le caratteristiche dei cibi più sostenibili, etici e quindi maggiormente di tendenza in questo momento. Ma c’è un ma, anzi due: da una parte il suo ormai enorme impatto ambientale e sociale nelle regioni in cui è prodotta; dall’altra i meno noti risvolti negativi sulla salute che possono derivare da un suo eccessivo consumo.
Effetti sull’ambiente
Il boom che hanno avuto le vendite di quinoa e suoi derivati ha creato non pochi sconvolgimenti laddove si produce, in particolare sulle Ande di Bolivia e Perù. In questi due Paesi, i più poveri dell’America latina, vaste aree sono state convertite in monocolture di quinoa destinata ad Europa e Nordamerica, con effetti negativi non solo sull’ambiente, ma anche sulla sicurezza alimentare di persone che, già nel 45% dei casi, vivono con meno di due dollari al giorno. Sì, perché se negli ultimi 5mila anni questo pseudo-cereale è stato parte integrante della dieta delle popolazioni locali, ora è destinato al solo export ed è così costoso (fino a più di 8mila euro a tonnellata per le varietà più pregiate, come Rossa real e Nera), che per avere l’apporto proteico necessario le persone del luogo devono orientarsi su cibi di bassa qualità, ma poco costosi.
Per produrre quantità di quinoa sempre più elevate viene fatto largo uso di fertilizzanti e concimi chimici, ma anche di acqua. I terreni si impoveriscono e diventano più aridi, e la biodiversità ne risente negativamente. I problemi relativi alla sua coltivazione includono i danni all’allevamento di lama e alpaca, confinati nelle zone collinari per far spazio alla quinoa, e appunto l’uso massiccio di fertilizzanti di sintesi in mancanza di quelli naturali derivanti dalle deiezioni di questi animali. Inoltre, a queste monocolture e alla conseguente perdita di specie vegetali e animali è collegato anche il rischio estinzione del Condor delle Ande.
Effetti sulla salute
Per quanto riguarda i potenziali effetti negativi sulla salute di questo pseudo-cereale, invece, bisogna considerare che contiene tutta una serie di composti tossici irritanti per l’intestino che possono causare, se ingerita in quantità eccessive, infiammazioni, problemi digestivi e difficoltà nell’assorbimento dei nutrienti. «Tra questi troviamo gli ossalati, dei fattori antinutrizionali che si combinano con ferro, zinco e magnesio, rendendoli inassorbibili e favorendo stati di carenza, come anemie e osteoporosi», spiega la dottoressa Susanna Bramante: «Inoltre legano il calcio introdotto con la dieta, riducendone l’assorbimento e formando l’ossalato di calcio, cristalli insolubili che possono precipitare nelle vie urinarie e determinare la formazione di calcoli renali».
L’Italia, come ha scritto anche Emanuele Bompan in un reportage per La Stampa, è uno dei maggiori importatori d’Europa, e ha registrato negli ultimi anni un vero e proprio boom da parte di consumatori vegetariani e vegani. Per prevenire impatti devastanti per la Bolivia, secondo il responsabile FAO Bolivia, Rómulo Caro «la soluzione richiede un miglioramento della qualità del prodotto e un potenziamento dei processi di sostenibilità, integrati con i camelidi, lama e alpaca e con altre strategie per garantire la sovranità alimentare del popolo». Insomma, per avere una quinoa veramente sostenibile serve l’allevamento. Un paradosso forse per noi occidentali dalla spiccata ma parziale coscienza ecologica, ma non per le millenarie culture andine.
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