In Italia sono in crescita i furti negli impianti fotovoltaici. Uno degli ultimi è avvenuto all’inizio di marzo a Palazzolo della Stella (Udine) dove i ladri sono entrati in un impianto con un furgone e hanno rubato quasi 300 pannelli solari per un danno di 30mila euro.
I pannelli sono stati asportati con attenzione dalle loro sedi e caricati sui camion dai malviventi, che poi sono fuggiti indisturbati, senza lasciare tracce. Cavi in rame e pannelli facilmente vendibili all’estero, soprattutto nord-Africa, sono un bottino che fa gola alle bande, che spesso agiscono indisturbate. Abbiamo chiesto a Paolo Lugiato, manager del settore fotovoltaico per RTR – Rete Rinnovabile, come i big del settore si stanno attrezzando.
Che tipo di pericoli corrono gli impianti, dal punto di vista della sicurezza?
I punti di attrattiva per i ladri sono, nell’ordine, pannelli e rame. Sui pannelli purtroppo c’è si assiste a un trend crescente, perché a valle dell’interruzione degli incentivi da parte del GSE, non c’è più nessun obbligo di registrazione delle matricole dei pannelli. Quindi se prima c’era univocità tra l’impianto e i pannelli, quindi erano facilmente tracciabili, oggi ciò è venuto meno perché il GSE non è tenuto a registrare chi installa. Quindi nessuno controlla se il pannello sottratto ad un’azienda viene installato dietro casa del vicino.
Diceva anche il rame
L’altro materiale esposto al furto è il rame. La buona notizia è che nell’ultimo anno è passato in secondo piano, un fatto dovuto al ribassamento quotazioni di mercato sono scese. Tuttavia il numero di furti negli impianti di chi non si protegge è elevatissimo. Gli impianti fotovoltaici impiegano molti cavi di interrati dentro cavidotti, fondamentali per trasportare l’elettricità prodotta dagli impianti verso gli inverter. I cavi maggiormente rubati sono quelli tra l’inverter e i pannelli.
Cosa si può fare per prevenire?
E’ possibile installare cavi in alluminio, che avendo un valore economico più basso e più ingombranti rispetto al rame, interessano meno i ladri. Facendo così si paga però un pegno, perché l’efficienza degli stessi cavi è ridotta rispetto al rame. Altrimenti si possono installare dei sistemi antifurto. Banalmente possono essere di tipo “meccanico”: si sigillano meccanicamente i tombini, i pozzetti, oppure si mettono dei sensori sulle aperture dei pozzetti. Purtroppo la creatività dei ladri li ha spinti a scavare a valle e all’origine del pozzetto, così da eludere questi sistemi e tagliare i cavi che di notte non sono alimentati, quindi riuscendo a lavorare in sicurezza. Questo tipo di furto è molto pericoloso. Ladri sprovveduti sono andati a tagliare cavi in tensione, con conseguenze spiacevoli che potete immaginare.
Come siete intervenuti voi per contrastare questa piaga?
RTR – Rete Rinnovabile ha subito pochissimi furti perché abbiamo adottato delle procedure di sicurezza appositamente studiate con i nostri partner e investito in tecnologie che vanno da sistemi antintrusione a sistemi di videosorveglianza , applicando il concetto di concentricità delle barriere sia fisiche che elettroniche, partendo da un’attenta valutazione del rischio preventiva. Inoltre abbiamo rafforzato le infrastrutture meccaniche di ancoraggio con bulloni anti furto / antistrappo che rallentano di molto le operazioni di sottrazione, scoraggiando i malintenzionati.
Che altre soluzioni avete adottato?
Noi abbiamo dei “sensori trabocchetto”. Se ci troviamo di fronte a ladri che sanno tagliare con precisione chirurgica solo i cavi senza tensione, al buio, significa che hanno strumenti per rilevare il passaggio di corrente, che conoscono gli impianti. Per questo abbiamo pensato di installare in punti di passaggio dei classici sensori a interruzione di segnale che sono posti in mezzo al campo, non visibili da fuori, che ci danno informazioni circa la presenza all’interno del campo, una volta che tutti i sistemi sono stati bypassati o superati. Il loro impiego ha dato ottimi riscontri.
Buoni risultati sono stati ottenuti con la protezione delle cabine di trasformazione con infrarosso, o microonde. Per massimizzare la sicurezza abbiamo installato dei sensori GPS (non correlati ai sistemi di navigazione satellitare, ndr.), ovvero tubi interrati che funzionano a pressione e hanno un bassissimo coefficiente di false segnalazioni, grazie alla possibilità di tarare il sistema per eliminare la rilevazione di animali di piccola taglia. Non scattano se passa una lepre o un gatto.
Per la tutela dei cavi in rame sono stati testati dei sistemi che impiegano fibra ottica avvolta intorno al cavo. Al loro interno è trasmesso continuamente un segnale debolissimo di luce. Se il cavo tagliato, la variazione del flusso di luce viene rilevata e segnalata in sala controllo, attivando un allarme.
Voi quanti furti avete subito?
Grazie ai nostri sistemi di sicurezza abbiamo spesso intercettato le intrusioni già al livello del perimetro. In questo modo si contiene non solo il furto ma anche i danni correlati all’effrazione. Stiamo notando nelle ultime settimane un aumento della frequenza dei tentativi, un segnale preoccupante. Chi non è protetto oggi è ancora più vulnerabile. I ladri del fotovoltaico sono gente improvvisata, è molto specifico come furto e le bande sembrano sempre più preparate.
E dove lo rivendono poi? Avete mai ritrovato vostri pannelli sottratti?
La polizia di frontiera ha chiamato una volta da Genova per un furto fatto a Verona, in cui avevamo esposto denuncia. Avevano fermato dei furgoni che erano in partenza per l’Africa settentrionale, in Marocco per esattezza. I pannelli che sono rivenduti fuori paese, sono il caso più frequente. Sul rame invece esiste tutto il mercato nero dei centri rottamazione.
Che fare dunque?
L’importante è investire costantemente in nuove tecnologie della sicurezza e cercare sempre le società più innovative e affidabili sul mercato, che puntano al giusto compromesso tra qualità e valore economico del servizio.